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Vegetariani Celebri

Professor Peter Singer (1946- )

Peter Singer Peter Singer attualmente insegna alla Princeton University, USA. In precedenza è stato professore di filosofia e direttore del Centro di Bioetica Umana della Monash University, Melbourne, Australia. È autore di Animal Liberation (P. Singer, Liberazione animale, Milano, Il Saggiatore, 2003 – N.d.T.), che può essere considerata la bibbia del movimento di difesa dei diritti degli animali. Di recente ha partecipato alla realizzazione del progetto The Great Ape Project, che cerca di estendere la “valenza umana” e i diritti legali alle grandi scimmie.

Brani vari tratti da In Defence of Animals:

Perché rinchiudiamo gli scimpanzé in spaventosi centri di ricerca sui primati e li usiamo per esperimenti che vanno dallo sgradevole, allo straziante al letale, mentre non penseremmo mai di applicare le stesse pratiche su esseri umani ritardati, il cui quoziente intellettivo è di gran lunga inferiore? L’unica risposta possibile è che gli scimpanzé, per quanto intelligenti possano essere, non sono umani, mentre le persone ritardate, per quanto stupide, lo sono.

Questo è specismo puro e semplice, ed è indifendibile così come lo è il razzismo più manifesto. Non ci sono basi etiche al considerare l'appartenenza ad una data specie una caratteristica moralmente rilevante. Dal punto di vista etico siamo tutti allo stesso livello, che camminiamo su due zampe, su quattro o su nessuna.

Il movimento di liberazione animale . . . non afferma che tutti gli esseri viventi hanno la stessa importanza, o che si deve attribuire agli interessi di umani e animali lo stesso peso, quali che siano tali interessi. Esso afferma che, qualora gli interessi di uomini e animali fossero simili (evitare il dolore fisico, ad esempio, è un interesse condiviso dagli uomini e dagli altri animali) dovrebbero essere considerati allo stesso modo, senza svalutazioni automatiche per il solo fatto che uno degli esseri interessati non è umano. Si tratta di un punto semplice della questione, indubbiamente; non di meno, fa parte di una rivoluzione etica di ampia portata.

Brani vari tratti da The Expanding Circle:

La sfera dell’altruismo si è allargata dalla famiglia e dalla tribù alla nazione, alla razza, ed ora a tutti gli esseri umani. Il processo dovrebbe essere esteso ... fino ad includere tutti gli esseri dotati di interessi, di qualsiasi specie. Tuttavia, non possiamo semplicemente proporre questa teoria come lo standard etico definitivo ed aspettarci che ognuno si comporti di conseguenza. Dobbiamo iniziare a modellare la nostra cultura in modo che possa stimolare un più ampio interesse senza frustrare desideri umani importanti e relativamente duraturi.


Animal Liberation
by Peter Singer
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Review by John Darmanin
Brani vari tratti da Animal Liberation:

Questo libro tratta della tirannia degli umani nei confronti degli animali non umani. Questa tirannia ha causato, e continua oggi a causare, dolori e sofferenze paragonabili solo a quelli derivanti da secoli di tirannia degli uomini bianchi nei confronti dei neri. La lotta contro tale tirannia è una lotta importante, come qualsiasi lotta sociale combattuta negli ultimi anni.

Se un essere soffre, non ci sono giustificazioni morali al rifiutarsi di prendere in considerazione tale sofferenza. Non importa quale sia la natura di questo essere, il principio di uguaglianza vuole che la sua sofferenza venga considerata allo stesso modo della simile sofferenza(per quanto è possibile fare un paragone generale) di qualsiasi altro essere vivente. Se un essere non può soffrire, o provare gioia o felicità, non ci si pone il problema. Quindi, il limite della facoltà di sentire (utilizzando per comodità questo termine, seppur impreciso, per riassumere la capacità di soffrire e/o di provare gioia) è l’unico confine giustificabile che si può ragionevolmente porre alla questione degli interessi dell'altro. Definire tale confine sulla base di altre caratteristiche quali l’intelligenza o la razionalità significherebbe definirlo in maniera arbitraria. Perché non scegliere altre caratteristiche, come il colore della pelle?

Il razzista viola il principio di uguaglianza dando maggior peso agli interessi dei membri della propria razza quando contrastano con quelli di un’altra razza. Il sessista viola il principio di uguaglianza favorendo gli interessi del proprio sesso. In maniera simile, lo specista permette che gli interessi della specie di cui fa parte scavalchino quelli dei membri di altre specie. La questione è la stessa, in ogni caso.

Le pratiche discusse . . . coinvolgono . . . in un caso, decine di milioni di animali, e nell'altro, letteralmente miliardi di animali ogni anno . . . Non possiamo fingerci impotenti di fronte a tali pratiche. Una di esse, la sperimentazione su animali, è promossa dai governi che eleggiamo, e in larga misura sovvenzionata dalle tasse che versiamo. L’altra, l'allevamento di animali destinati al consumo alimentare, è possibile solo perché la maggior parte delle persone compra e mangia il frutto di tale pratica. Ecco perché ho deciso di trattare di queste specifiche forme di specismo, perché sono le tematiche centrali. Esse causano sofferenza a più animali di qualsiasi altra attività esercitata dall’uomo. Per arrestarle dobbiamo modificare le politiche dei nostri governi, e dobbiamo modificare le nostre vite, cambiando la nostra alimentazione. Se queste forme di specismo, promosse ufficialmente e quasi universalmente accettate, possono essere abolite, non saremo molto lontani dall’abolizione di altre pratiche speciste.

Come può un uomo, che non sia un sadico, passare i suoi giorni lavorativi portando un cane non anestetizzato alla morte, o portando una scimmia alla depressione cronica, e poi togliersi il suo camice candido, lavarsi le mani e andarsene a casa a cena da sua moglie e dai suoi bambini? Come possono i contribuenti permettere che il loro denaro venga utilizzato per sostenere esperimenti di questo tipo? E come possono gli studenti attraversare un’epoca tumultuosa di proteste contro l’ingiustizia, la discriminazione e ogni sorta di oppressione, non importa quanto lontane dalla loro realtà, e ignorare le crudeltà perpetrate a pochi passi da loro, nelle loro stesse università?

Le risposte a queste domande nascono dall’accettazione indiscussa dello specismo. Tolleriamo crudeltà perpetrate a danno di membri di altre specie, le stesse crudeltà che ci farebbero inorridire se praticate su membri della nostra specie. Lo specismo permette ai ricercatori di considerare gli animali utilizzati negli esperimenti come semplici componenti delle loro attrezzature, strumenti da laboratorio e non creature viventi e capaci di soffrire, a volte arrivano perfino a parlare degli animali in questo modo. Robert White del Cleveland Metropolitan General Hospital, che ha effettuato svariati esperimenti di trapianto delle teste delle scimmie e di conservazione dei loro cervelli in particolari fluidi, staccati dal corpo, durante un’intervista ha dichiarato:

Il nostro scopo primario qui è fornire uno strumento da laboratorio: una scimmia "modello" nella quale e attraverso la quale possiamo progettare nuove tecniche operatorie per il cervello.

E il giornalista che conduceva l’intervista, e che assistette agli esperimenti di White, trovò l’esperienza

un’incursione rara e raggelante nel freddo e oggettivo mondo degli scienziati, dove la vita degli animali non ha nessuna importanza, al di là delle immediate necessità della sperimentazione. (Scope, Durban, S.A., 30.3.1973)

Questo atteggiamento "scientifico" nei confronti degli animali fu mostrato ad un vasto pubblico nel dicembre del 1974, quando la rete televisiva pubblica americana riunì il filosofo Robert Nozick di Harvard e tre scienziati il cui lavoro prevedeva l’utilizzo di animali. Il programma faceva seguito al controverso film di Fred Wiseman, Primate, che aveva portato gli spettatori all’interno dello Yerkes Primate Center, un centro di ricerca di Atlanta, Georgia. Nozick chiese agli scienziati se il fatto che un esperimento portasse all’uccisione di centinaia di animali potesse essere considerato dai ricercatori un buon motivo per non effettuarlo. Uno degli scienziati rispose: "Che io sappia no". Nozick incalzò con le sue domande: "Gli animali non contano niente?" Il Dr A. Perachio, dello Yerkes Center, replicò: "Perché dovrebbero?" mentre il Dr D. Baltimore, del Massachusetts Institute of Technology, aggiunse che, a suo parere, gli esperimenti sugli animali non hanno niente a che fare con la morale. (The Price of Knowledge, trasmesso a New York il 12.12.1974)

In quali casi gli esperimenti sugli animali possono essere giustificati? Quando vengono a conoscenza della natura di molti esperimenti attualmente condotti, molte persone reagiscono asserendo che questi dovrebbero essere immediatamente proibiti. Ma se poniamo la domanda in termini così assoluti gli sperimentatori ribattono prontamente: saremmo disposti a lasciar morire migliaia di esseri umani che potrebbero essere salvati da un singolo esperimento su di un unico animale?

La domanda è, naturalmente, puramente ipotetica. Non c’è mai stato, e non ci sarà mai, un unico esperimento in grado di salvare migliaia di vite. La risposta a questa domanda potrebbe essere un’altra domanda ancora: uno sperimentatore sarebbe disposto ad effettuare il suo esperimento su di un bambino orfano, di meno di sei mesi, se questo fosse l’unico modo per salvare migliaia di vite?

Se lo sperimentatore non se la sentisse di utilizzare un neonato, allora la sua disponibilità ad utilizzare animali rivelerebbe un’ingiustificabile forma di discriminazione basata sulla specie, poiché esemplari adulti di scimmie, cani, gatti, ratti ed altri mammiferi sono più consapevoli di quanto accade loro, maggiormente in grado di controllarsi e, per quanto ne sappiamo, almeno tanto sensibili al dolore quanto lo può essere un bambino. Ibid.

Al momento gli scienziati non cercano alternative semplicemente perché non danno sufficiente importanza agli animali che utilizzano.

Per la maggior parte degli umani, specialmente per quanti vivono nelle moderne comunità urbane e suburbane, la forma più diretta di contatto con gli animali non umani è a tavola: li mangiamo. Questo semplice fatto è la chiave del nostro atteggiamento nei confronti di altri animali, ed è anche la chiave di svolta di questi nostri atteggiamenti. L’uso ed abuso di animali allevati per essere mangiati è di gran lunga superiore, nel numero degli animali coinvolti, a qualsiasi altro tipo di maltrattamento. Ogni anno negli Stati Uniti centinaia di milioni di bovini, suini e ovini vengono allevati e macellati e per il pollame le cifre si avvicinano ai tre miliardi (significa che circa 5.000 uccelli – principalmente polli – vengono macellati mentre voi leggete questa pagina). È qui, sulle nostre tavole e nei supermercati del nostro quartiere o dal macellaio, che possiamo entrare in diretto contatto con il più intenso sfruttamento di altre specie mai esistito.

In termini di stretta logica, forse, avere compassione per gli animali e gustarli a tavola non sono due atteggiamenti contraddittori. Se una persona è contraria alle sofferenze inflitte agli animali, ma non ad una loro uccisione “indolore”, potrebbe comportarsi coerentemente mangiando animali vissuti senza sofferenza e macellati velocemente e in modo indolore. Ma non è possibile, praticamente e psicologicamente, essere preoccupati per la sorte degli animali e continuare a mangiarli, e pretendere di essere coerenti. Se accettiamo di togliere la vita ad un altro essere vivente solo per soddisfare il nostro desiderio di un particolare cibo, allora quell’essere non è altro che un semplice mezzo per raggiungere i nostri obiettivi. Col tempo, arriveremo a considerare maiali, bovini e polli come cose che possiamo usare, anche se proviamo per loro una forte compassione; e quando ci accorgeremo che per continuare ad avere un'offerta di corpi di questi animali ad un prezzo abbordabile dovremo modificare anche solo minimamente le loro condizioni di vita, non saremo in grado di giudicare troppo criticamente queste modifiche. Gli allevamenti in batteria non sono altro che l’applicazione della tecnologia all’idea che gli animali non sono altro che mezzi per ottenere i nostri scopi. Siamo attaccati alle nostre abitudini alimentari, e non è facile modificarle. Ci conviene convincere noi stessi che il nostro interesse per gli altri animali non comporta il fatto che smettiamo di mangiarli. Nessuna persona abituata a mangiare carne può giudicare senza preconcetti se un animalesia stato allevato o meno in condizioni dolorose.

Chi guadagna dallo sfruttamento di grandi quantità di animali non ha bisogno della nostra approvazione. Ha bisogno dei nostri soldi. L'unico sostegno che i proprietari degli allevamenti in batteria richiedono alla loro clientela è l’acquisto dei cadaveri di questi animali. Finché continueranno a ricevere questo appoggio, continueranno ad utilizzare metodi di allevamento intensivo; avranno così le risorse necessarie per combattere politicamente le riforme e potranno difendersi da qualsiasi critica rispondendo che stanno solo dando alla gente ciò che vuole.

Ecco perché è necessario che ognuno di noi smetta di acquistare ciò che viene prodotto dalle moderne fattorie industriali, anche se non siamo convinti che sia sbagliato mangiare animali vissuti serenamente e morti senza dolore. Il vegetarismo è una forma di boicottaggio. Per molti vegetariani il boicottaggio è permanente, perché una volta che hanno smesso di mangiare carne, non possono più approvare la macellazione di animali per i meschini desideri del loro palato. Ma l’obbligo morale di boicottare la disponibilità di carne in macellerie e supermarket è altrettanto inevitabile per quanti disapprovano solamente l’infliggere sofferenza, e non semplicemente uccidere. Negli ultimi anni, in America, sono state boicottate lattuga e uva perché il sistema con cui quei particolari prodotti venivano coltivati comportava lo sfruttamento dei lavoratori agricoli, non perché lattuga e uva non possano essere prodotte senza portare a tale sfruttamento. La stessa linea di pensiero porta al boicottaggio della carne. Se non boicottiamola carne, noi tutti contribuiamo a garantire l’esistenza, la prosperità e la crescita degli allevamenti in batteria e di tutte le altre pratiche crudeli messe in atto per allevare animali destinati al consumo alimentare.

È a questo punto che le conseguenze dello specismo entrano direttamente nella nostra vita, e siamo obbligati a dimostrare la sincerità della nostra preoccupazione per gli animali. Abbiamo ora l’opportunità di fare qualcosa, invece di parlare e sperare che i politici facciano qualcosa. È facile prendere posizione su qualcosa che è lontano da noi, ma lo specista, come il razzista, rivela la sua vera natura quando il problema gli è più vicino. Protestare contro la corrida in Spagna o la macellazione delle foche in Canada, e continuare a mangiare polli che hanno passato la loro vita stipati in gabbie o carne di vitellini privati a forza della loro madre, della dieta a loro adeguata e della libertà di stendersi allungando le zampe, sarebbe come denunciare l’apartheid in Sud Africa e chiedere ai nostri vicini di non vendere case ai neri.

Il vegetarismo comporta una nuova relazione con il cibo, le piante e la natura. La carne guasta i nostri pasti. Possiamo fare finta di niente, ma la verità è che la parte più sostanziosa delle nostre cene arriva sanguinante dal macello. Se non viene trattata e refrigerata inizia presto a putrefarsi e a puzzare. Quando la mangiamo, essa si ferma nel nostro stomaco, bloccandoci la digestione fino a quando, giorni dopo, la espelliamo con fatica. Quando mangiamo vegetali, il cibo assume una qualità diversa. Prendiamo dalla terra un cibo già pronto per essere mangiato, che non ha bisogno di lottare con noi quando lo prendiamo. Senza la carne, che “intorpidisce” il palato, il gusto della verdura appena raccolta dal terreno diventa più piacevole. Per quanto mi riguarda, l’idea di raccogliere da solo la mia cena mi sembrava così appagante che, poco dopo essere diventato vegetariano, iniziai a vangare parte del terreno dietro casa e a coltivare alcune delle mie verdure; era qualcosa che non avevo ma pensato prima di fare, ma che molti dei miei amici vegetariani già facevano. E così eliminare la carne dalla dieta mi ha portato a più diretto contatto con le piante, il terreno e le stagioni.

Tutte le argomentazioni a favore della superiorità dell’uomo non possono cancellare questa verità: in quanto a capacità di soffrire, gli animali sono uguali a noi.

La Liberazione Animale richiederà maggiore altruismo agli esseri umani di quanto ne abbiano richiesto altri movimenti di liberazione. Gli animali non possono chiedere la loro liberazione o protestare contro la loro situazione attraverso votazioni, dimostrazioni o bombe. Gli esseri umani hanno la facoltà di continuare per sempre ad opprimere altre specie, o fino a che non avremo reso il nostro pianeta inadatto per qualsiasi forma di vita. La nostra tirannia continuerà, provando che siamo davvero degli egoisti tiranni, come molti poeti e filosofi cinici ci hanno descritto? O accetteremo la sfida e dimostreremo la nostra capacità di provare un altruismo autentico mettendo fine allo sfruttamento spietato delle specie in nostro potere, e non perché siamo forzati a farlo da ribelli o da terroristi, ma perché ci rendiamo conto che la nostra posizione è moralmente indifendibile?

Il modo in cui rispondiamo a questa domanda dipende dal modo in cui ciascuno di noi vi risponde individualmente.


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e Laura Boselli - laurbose@tin.it
Traduzione Italiana di Barbara D'Andò